July Melrose uscì
dall'Amperstand, verso le cinque del mattino. Non c’era la solita nebbia, ma il
cielo era coperto da nuvole minacciose, ed in lontananza si sentivano tuoni che
non lasciavano presagire nulla di buono: sarebbe stata una giornata di pioggia,
ed in quei momenti ricordava sempre i giorni dell’uragano Katrina, quando aveva
perso suo fratello Johnny. Il cuore, allora, le si riempiva di tristezza.
Stava già
immaginando di sprofondare nel calore del suo letto, mentre attraversava a
passo svelto il parcheggio dinanzi al nightclub. Quella volta aveva
parcheggiato lontano e ciò non le piaceva affatto, soprattutto quando cominciò
a sentire dei passi alle sue spalle. Rallentò la sua andatura e si voltò, ma
non vide nessuno, solo il parcheggio deserto. Rimase a guardarsi intorno per un
po', cercando di notare anche il più piccolo dettaglio, poi ricominciò a percorrere
la breve salita che l'avrebbe portata verso la sua automobile, finché non risentì
quei passi, accompagnati da una risata maschile.
Il cuore cominciò a
batterle sempre più forte, rallentò nuovamente il passo e in quel preciso
momento decise di correre. Nello stesso momento sentì dei passi veloci e lo
spostamento d'aria alle sue spalle le fece capire che qualcuno cercava
d’afferrarla. July urlò,chiese aiuto, ma non c’era nessuno.
Arrivò a pochi
passi dall’automobile, quando notò i fari di una macchina in fondo alla strada
sempre più vicini. Un sorriso comparve tra le sue labbra e non si rese nemmeno
conto di essersi bloccata, lasciando tempo d’azione al suo aggressore.
Cominciò a
sbracciarsi per chiedere aiuto, ma l'auto corse ad estrema velocità e le andò
contro, colpendola alla gamba e al lato sinistro del corpo. July venne sbalzata
indietro e cadde pesantemente sull'asfalto, mentre l'auto che l'aveva investita
si fermò emettendo un forte stridore.
July si lamentò e
tentò di alzarsi, ma il bacino le faceva troppo male. In quel momento lo vide.
La vista era annebbiata ma riuscì a scorgere alcuni tratti del viso: un uomo dai
capelli chiari, magro e col naso affilato: la prese per la collottola e
cominciò a scuoterla, sbattendole la testa sull'asfalto.
“Puttana! Cosa ci
facevi a casa mia?”
“Io... io... basta...per
favore, basta...”
Ma l'aggressore
continuava a sbatterle la testa sull'asfalto, rannicchiato sopra di lei e fissandola
con sguardo pazzo e carico di rancore.
“Puttana! Mi hai
rovinato!”
July perse
conoscenza pochi secondi prima di sentire quelle parole; l'aggressore prese un
coltello da macellaio e dilaniò il suo corpo con una ventina di coltellate.
Dunque si alzò e corse via, salendo nuovamente sulla sua auto. Il corpo esanime
e sanguinante di July Melrose rimase disteso sull'asfalto, quasi in mezzo alla
strada, finché mezz'ora dopo non venne notato da una pattuglia della polizia
che sorvegliava la zona.
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